Lezione 7 – L’invenzione del Male

La complicità tra personaggio e ostacoli

Tra il personaggio e gli ostacoli che deve affrontare c’è una relazione forte, una segreta complicità. Come abbiamo visto, in certe storie il personaggio è fin dall’inizio il co-autore dei propri ostacoli.

Facciamo un esempio: io sono un dipendente e soffro perché meriterei una promozione che da anni non arriva. Per questo vado in ufficio malmostoso, evito di impegnarmi al massimo perché quelli non lo meritano, a volte ho una buona idea ma sto zitto: che mi promuovano, se vogliono il mio sapere! Torno a casa frustrato e per di più c’è un collega che abita vicino a casa mia (uno che già è dirigente e quindi può uscire prima, maledetto!) che mi ruba ogni sera il parcheggio a cui avrei diritto. Non oso affrontarlo perché è un mio superiore ma devo dargli una lezione: un mattino metto nel parcheggio una manciata di chiodi a tre punte, così gli buco una gomma e impara, ‘sto stronzo. 

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Quel giorno vado al lavoro sollevato, sono più sorridente e allegro. E forse per questo il capo mi dice di passare a prenderlo: ha deciso di portarmi a cena coi boss, forse è l’anticamera dell’agognata promozione. Mi agito, comincio a pensare che ho un vestito sbagliato, i peli nelle orecchie, forse dovrei fare mezz’ora di lampada… Esco prima con una scusa, corro a casa bruciando i rossi per prepararmi al meglio, mi infilo nel parcheggio e…buco tre ruote della mia macchina con le puntine da disegno che ho messo la mattina, e che avevo scordato. Ora sì che sono nella merda: fra un’ora devo andare a prendere il capo e ho la macchina con tre ruote bucate. Da qui parte una lotta senza quartiere per trovare un’auto in tempo e…

Ok, la storia non è un capolavoro (i capolavori inediti si usano di rado nei corsi gratuiti!) però funziona come esempio: sentite come gli ostacoli sono tutti legati? Si parte da un tizio frustrato perché non si realizza, va in ufficio con un rancore che probabilmente ritarda la sua promozione.  È così frustrato che anziché affrontare il superiore che gli frega il parcheggio, mette le puntine da disegno. Ed è quello che poi gli crea il guaio che lo frega.

In questa storia è il personaggio che, con le sue reazioni al problema, crea i propri ostacoli. Questo meccanismo ha una sua profonda ragion d’essere perché, come hanno detto con parole diverse molti saggi, “destino è sinonimo di carattere”. Ciò che ci accade è spesso determinato (o co-determinato) anche da noi.

Però qua non siamo mistici zen. Nella realtà non tutti gli ostacoli sono auto-creati.  Il Male esiste. Esistono i nemici, i cattivi, gli stronzi, la sfortuna. Se  uno esce di casa per fare il colloquio che sognava da anni, ma incrocia una rapina e si becca un proiettile in una gamba, non possiamo dare la colpa ai suoi problemi interiori! È sfiga e basta.

Pensiamo a quel tizio che ha diritto alla casa popolare e se la vede soffiare da una famiglia benestante e truffaldina. Anche qua, gli eventuali problemi interiori del personaggio non c’entrano nulla con l’incidente che avvia la storia. Però attenzione: quelli successivi c’entrano eccome. Infatti la reazione del personaggio al “fatto esterno” sarà figlia del suo carattere, dai suoi pregi, dei suoi difetti. Potrà fare denuncia, minacciare gli abusivi con la violenza, far finta di nulla per paura, rifugiarsi nell’alcol, o tante altre cose. Ma qualsiasi azione scelga di fare essa contribuirà a formare l’ostacolo successivo che si troverà di fronte.

In altre parole, anche quando il primo ostacolo è esterno, quelli che seguono dipendono (anche) dalle scelte del personaggio, portano in sé le tracce della sua natura, dei suoi limiti, delle sue paure e dei suoi desideri.

In fondo ogni storia ha questo percorso: “Incidente iniziale – reazione personaggio – nuovo ostacolo – nuova reazione – ostacoli e reazioni a volontà – risoluzione finale”.  Le “non storie” semplicemente non hanno ostacoli e quindi non succede niente. Le “iper-storie” hanno ostacoli gratuiti che non prevedono la complicità del personaggio, non nascono dalle sue reazioni e dunque non parlano di lui, sono arbitrarie, casuali, prive di un senso.

Nelle buone storie invece le reazioni del personaggio e gli ostacoli si influenzano a vicenda, in misura diversa a seconda del tipo di storia, ma un po’ lo fanno sempre. L’eroe e i suoi nemici crescono insieme, nel bene o nel male.

Per questo l’escalation ostacolo-reazione-ostacolo-reazione tende a condurre il personaggio nella sua area di pericolo: perché gli ostacoli sono anche figli suoi, portano i segni delle fragilità e delle paure che ha dentro. Ma guardiamoci intorno, guardiamo le cose più semplici, come le storie d’amore. Quante volte la gente finisce per infilarsi in rapporti chiaramente sbagliati, che sembrano concepiti apposta per ferirli nei loro punti più deboli! Perché lo fanno? Per masochismo? Gli psicologi dicono di no: ci si infila in rapporti sbagliati per costringersi (inconsapevolmente, è chiaro) ad affrontare quei punti deboli. A farci i conti, a superarli. I rapporti sbagliati sono passaggi in qualche modo obbligati, esperienze di crescita da cui bisognava passare. Chi sa viverli fino in fondo, con tutti gli errori che contengono, può imparare, e non commettere più quegli errori.

Se non siete ancora convinti, prendiamo un esempio opposto, dove gli ostacoli sembrano tutti esterni, indipendenti dal carattere del personaggio. Un classico film americano, ne avranno fatti 10 simili: il marito torna a casa e scopre che una banda di rapinatori ha ucciso la sua adorata famigliola. Lui, accecato di vendetta, tira fuori dall’armadio un fucile (siamo in America!) e cerca gli assassini per sterminarli e vendicare la moglie e il figlio. Ma scopre che quei banditi sono pesci piccoli di una organizzazione molto più estesa. La vendetta si allarga e il personaggio entra in una sorta di guerra in cui si trova davanti nemici sempre più grossi, più spaventosi e meglio armati, che in apparenza nulla hanno a che vedere con la sua interiorità.

Ma siamo sicuri che è così? Mica tanto. Un marito normale a cui capita una disgrazia simile non prende il fucile: prende lo Xanax perché è disperato e vuole morire, o va dallo psicologo, o si rifugia nel letto, o comunque trova un modo per vivere il suo tremendo dolore. È la scelta di compiere una “vendetta sanguinaria” (di per sé la scelta più improbabile) a far sì che gli ostacoli successivi siano uomini armati. E quindi anche quegli ostacoli apparentemente “esterni” nascono da una chiara inclinazione interiore: una propensione alla violenza con cui il personaggio prima della fine dovrà fare i conti, se è una buona storia. Ad esempio, chessò, ci sarà una scena in cui può far fuori il boss dei cattivi, portando a compimento la sua vendetta. Ma il boss sta partendo su un piccolo aereo con il figlio. Se l’aereo decolla il nostro eroe non lo ritroverà mai più. Se invece spara col bazooka (che ovviamente nel frattempo ha rimediato: siamo in America!) uccide anche un bambino innocente e diventa come i cattivi che voleva sterminare. Che fare?

Morale: anche in questa storia di sparatorie gli ostacoli sono intrisi della interiorità del personaggio. La scelta iniziale di compiere una sanguinosa vendetta lo conduce a un dilemma in qualche modo “inevitabile”: spargere o no sangue innocente.

Tra parentesi, accade spesso che la scelta culminante del protagonista, quella più importante e decisiva, sia in qualche modo “inevitabile”. Infatti è legata alle basi iniziali, alla volontà del personaggio, alla sua prima reazione, alla sua scelta originaria. Ovviamente “inevitabile” non vuol dire anche “prevedibile”, com’è in questo esempio volante. È su queste cose che bisogna usare il massimo di fantasia: ciò che è inevitabile deve sempre essere reso sorprendente. Ma su questo torneremo.

Pubblicità: sappiate che non lo faccio per i soldi (comunque pochissimi) ma perchè credo davvero che sia bello 🙂

OK, SONO SEMPRE IO

Il corso è un regalo, sta qua dal 2009 e non l’ho mai usato per promuovere le mie cose. il-giro-della-verita-fabio-bonifacci
Faccio eccezione per questo romanzo a cui tengo in modo particolare.

Perché è il mio primo vero romanzo, perché sognavo di farlo da quando ero bambino, perché secondo me è  molto bello.

Puoi leggerlo perché ti piace lo stile con cui è scritto il sito.
Per capire se e come le regole del corso funzionano nella pratica di una narrazione. 
Perché frequenti il sito da anni e se ti dico che è bello, ti fidi.
Perché non ti fidi, e vuoi scrivere una stroncatura che sarà pubblicata qua.
Perché il romanzo sinora è piaciuto molto a chi lo ha letto. 

Oppure puoi non leggerlo, io capirò: la vita è breve e i libri sono tanti. Però un po’ mi dispiace.

Qua puoi saperne di più. E grazie per l’attenzione.

Escalation degli ostacoli

Nel pianificare il percorso ostacolo-reazione c’è un’altra regola che può apparire scontata e che invece chiunque – anche i più esperti – talvolta dimenticano: ogni ostacolo deve essere più difficile di quello precedente. Occorre costruire un crescendo.

Infatti appena il personaggio affronta un ostacolo più “facile” di quello già superato, l’attenzione cala immediatamente. È una sfida che non interessa più, perché sappiamo come va finire. Se uno ha saltato una siepe di due metri, è stupido fargli trovare davanti un muro di due metri: è più duro, ok, ma sappiamo che può saltarlo, quindi ci annoiamo. Sappiamo già “come va a finire”.

Proviamo a fare un esempio più sofisticato di un muro da saltare. Una giovane funzionaria di banca, nota per la sua integerrima onestà, viene incastrata da un collega truffatore e incolpata di una gravissima frode che ha portato la banca vicina al fallimento. Il collega, autore della truffa, ha fabbricato perfette prove false che incolpano la ragazza. Ora lei è ricercata dalla polizia, se la pigliano rischia di non poter dimostrare la sua innocenza. Se invece resta fuori ha un’idea per smascherare il colpevole.

La ragazza decide di diventare latitante per dimostrare la sua innocenza.  Però non ha un soldo in tasca, non può rivolgersi a nessuno che conosce, perché sono tutti controllati. Per sopravvivere deve fare ciò che non ha mai fatto: rubare. È una scelta difficile: è giusto diventare ladri per poter dimostrare la propria onestà? Supponiamo che risponda sì, e decida di rubare 10 euro per mangiare. Bene, su questo livello di sfida, il dado è tratto. Il personaggio ha già fatto la sua scelta, non potete più mettergliene davanti una dello stesso tipo.

Se poco dopo deve scappare e la fate tormentare davanti all’ipotesi di rubare l’automobile a un povero pensionato, chi segue la storia sbuffa. Perché quella non è una vera scelta: è sempre un furto, solo più grosso. Per una donna onestissima il dilemma è “posso rubare per sopravvivere?”. Se si è già risposta “sì” rubando i 10 euro, ruberà anche la macchina. Non potete fingere che la seconda sia una scelta tormentata: la gente non ci crede.

Se volete inserire il furto della macchina, occorre che l’ostacolo sia di natura diversa. Ad esempio, una ragazza onesta probabilmente non ha la più vaga idea di come si faccia a rubare un’auto. Ecco quindi un secondo livello di ostacoli, diverso dal primo: la competenza tecnica. Qui la gente ci cascherà perché, semplicemente,  non sa come finisce la faccenda. Se riproponete il dubbio morale “rubo o non rubo”, lo sa benissimo.

Capita abbastanza spesso che in storie anche buone si provi un “senso di ripetizione” nella parte centrale. Quasi sempre si tratta di questo: il crescendo di conflitti non è stato efficacemente pianificato e il personaggio affronta ostacoli di segno inferiore (o uguale) a quelli precedenti. È come un videogame che dopo il livello 9, ti rimanda al livello 7, o ti ripete il 9: dopo un po’ ti stufi e spegni.

Al  cinema questa cosa è pazzesca: appena succede, vedi l’occhio dello spettatore che perde quella magica fissità ipnotica, si sposta qua e là, nota delle cose, abbraccia il partner (la noia nei film giova alla coppia, si sa).

Insomma, per costruire l’escalation tra ostacoli e reazioni abbiamo trovato un’altra regola. Già fanno due, le ripetiamo entrambe:

  • La catena ostacoli-reazioni collega la partenza con la destinazione della storia. Ogni pezzo deve avere una precisa funzione in quel percorso.
  • Un ostacolo non può mai essere di portata inferiore o uguale a quelli precedenti. Deve sempre essere in crescita.

L’escalation è significato

Ovviamente una bella storia non è un videogame, non basta trovare a ogni capitolo “nemici sempre più grossi”. Quando si dice che l’ostacolo deve essere più pericoloso dei precedenti, si intende “pericoloso rispetto all’area di pericolo del personaggio”. L’ostacolo soggettivamente più grande può essere oggettivamente il più piccolo: conosciamo tutti persone in grado di vincere le più agguerrite guerre professionali e poi andare in crisi per una telefonata sentimentale (o viceversa).

È questo che permette a uno schema costante fin dal tempo della tragedia greca di produrre milioni di variabili, creando infinite storie diverse. Lo stretto legame tra l’area di pericolo del personaggio e gli ostacoli che si trova davanti fa sì che la creazione dell’escalation “ostacoli-reazioni” sia un lavoro ogni volta diverso, che va sempre fatto “su misura”. Se questo corso riuscisse a convincervi che è su queste cose che va usato il massimo di fantasia, creatività e profondità, avrebbe già raggiunto il suo scopo.

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